Enrico Rossi
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Uno sciopero riuscito
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Uno sciopero riuscito

Diversamente da ciò che hanno pensato molti amici e compagni, anche del mio stesso partito, credo che Cgil e Uil abbiano fatto una scelta giusta proclamando lo sciopero generale.
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Care amiche e cari amici,
questa settimana la newsletter arriva con qualche ora di ritardo.

Argomento della settimana appena trascorsa è stato lo sciopero generale dei lavoratori e la discussione sulla sua legittimità, poi la pandemia che riprende a crescere e, a livello internazionale, un vertice mondiale sulla “democrazia” organizzato da Biden.

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Viva il Cile!

Una svolta storica nelle elezioni presidenziali in Cile.

Ha vinto la sinistra di Gabriel Boric, 35 anni, il leader della ribellione studentesca, sconfiggendo José Antonio Kast, 55 anni, il candidato di estrema destra e grande ammiratore di Pinochet.

Due giorni fa è morta anche la vedova di Pinochet, Lucia Hiriart, complice e suggeritrice del feroce e sanguinario dittatore.

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Foto dal profilo Facebook di Enrico Rossi

Lo sciopero di CGIL e UIL

La destra ha subito approfittato del clima di freddezza che è venuto purtroppo da parte della sinistra e del PD verso la mobilitazione dei lavoratori. Matteo Salvini infatti ha subito attaccato a testa bassa Cgil e Uil per lo sciopero di giovedì 16 accusandoli “di essere irresponsabili e di bloccare il Paese”.

Non ho memoria di un attacco così frontale contro uno sciopero e di parole tanto sprezzanti verso i sindacati, da parte di un segretario di partito.

In effetti è soffiato un vento gelido di destra che è arrivato fino a mettere in discussione la legittimità dello sciopero. Anche per questo, sarebbe stato giusto - sono convinto - schierarsi con il sindacato e mettersi all’ascolto della sue ragioni e di quelle dei lavoratori.

Io, diversamente da ciò che hanno pensato molti amici e compagni anche del mio partito - il PD - , credo che Cgil e Uil abbiano fatto una scelta giusta proclamando lo sciopero, rappresentando il disagio e la sofferenza dei ceti meno abbienti e chiedendo, in definitiva, di ritornare ad una normale dialettica sociale, dove i lavoratori usano lo sciopero, cioè decidono di incrociare le braccia e di rinunciare al proprio salario, per far capire che hanno la forza di fermare la produzione e che le loro esigenze devono essere tenute in debito conto.

Impressionante è stata poi la reazione della grande stampa e dei media in generale.

Io capisco che l’unità nazionale, interpretata in modo tanto pedissequo, non lasci spazio a distinguo e tanto meno a critiche, ma che la segretaria Meloni, che pure è all’opposizione, abbia più spazio sui media e riceva più attenzioni dei sindacati che mobilitano milioni di lavoratori e riempiono le piazze mi pare un tantino discriminatorio. Evidentemente si preferisce legittimare i neofascisti piuttosto che dare voce alle rappresentanze dei lavoratori.

Nonostante la riuscita dello sciopero, il giorno dopo, i media hanno ripreso o ad ignorare o a sparare a palle incatenate contro la mobilitazione definita inutile, dannosa, inopportuna e non condivisibile.

In realtà i lavoratori, scioperando e scegliendo di perdere una giornata di salario, hanno dimostrato di essere in grado di fermare il Paese.

Se non saranno ascoltati, se non ci sarà maggiore giustizia fiscale e sociale sono disposti a farlo di nuovo. È proprio questo che non sopportano i critici del sindacato: il fatto che il lavoratori siano una potenza capace di condizionare la crescita del Paese e le decisioni economiche e politiche.

I ceti dominanti e le classi privilegiate vorrebbero avere partita vinta prima di giocarla; non si capisce per quali meriti. Dovranno invece abituarsi ad una fisiologica dialettica sociale, perché così avviene in democrazia.

Pochi giorni dopo, la vicenda della liquidazione dell’amministratore delegato di Tim ha confermato le motivazioni della protesta contro le profonde ingiustizie di questa società. Gubitosi si è dimesso da Tim con una buonuscita di 6,9 milioni. Un lavoratore, come un insegnante, dopo una vita di impegno può prendere intorno a 70 mila euro, cioè 1 centesimo della buonuscita del manager Tim, il cui consiglio d’amministrazione si affretta a dire che trattasi di una “remunerazione conforme alla politica aziendale”. I redditi da capitale pagano il 26 per cento di tasse, praticamente solo un punto in più dello scaglione Irpef da 15 a 28 mila euro. Poi ci si domanda perché i sindacati hanno deciso lo sciopero.

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Foto di Nenad Stojkovic - Licenza CC BY 2.0

La variante Omicron spaventa ogni giorno di più

Sono andato a fare la terza dose in un ambiente grande, bello, pulito, con persone educate ed efficienti - volontari compresi - che ammiro e ringrazio.

Mi è capitato di ascoltare ben quattro persone che candidamente dicevano di essere a farsi la prima dose, senza neanche una parola di scusa o giustificazione, come se la loro fosse stata una scelta pienamente legittima o come se non avessero saputo o si fossero dimenticati perché impegnati in cose più importanti. Nessuna preoccupazione, d’altra parte, ho sentito esprimere da parte di nessuno per gli eventuali effetti negativi del vaccino.

Questo conferma la mia convinzione: se fosse stato deciso subito l’obbligo vaccinale molti dei sei milioni di italiani non vaccinati avrebbero fatto il loro dovere e avremmo evitato tanti problemi.

Il più grave di tutti è quello sanitario perché l’occupazione dei posti letto per malati di Covid 19 sottrae energie e strumenti ad altri interventi e ad altri malati che restano senza le dovute cure. Per non parlare dei problemi per l’economia e dello stress generale per tutti. Il virus corre più veloce della politica e, come si sa, “il medico pietoso fa la ferita infetta”.

Nel frattempo non si parla più della vaccinazione mondiale, restano i brevetti sui vaccini e aumentano i profitti di poche multinazionali farmaceutiche. La debolezza della politica verso i potentati economici e verso i populismi antiscientifici è stupefacente e tra lo strapotere degli uni e le irrazionalità degli altri la contrapposizione è solo apparente mentre c’è complicità nei fatti.

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Un fotogramma dalla diretta del “Summit for Democracy”

Summit for Democracy

Infine parliamo del vertice mondiale sulla democrazia, organizzato da Biden.

A questa riunione hanno partecipato più di 100 nazioni e avrebbe potuto essere una buona occasione di discussione per analizzare e individuare i rimedi alle crisi di questa forma di governo che è preferibile a tutte le altre. Si sarebbe dovuto parlare di come contrastare lo strapotere delle multinazionali, di distribuzione della ricchezza tra i ceti sociali a favore dei meno abbienti, di libertà e pluralismo dell’informazione.

Sono infatti questi squilibri a rendere oggi fragili le democrazie. Porvi rimedio è diventato estremamente urgente se non vogliamo che prevalgano i populismi e i nazionalismi alla Trump e alla Orban, e quelle forme di democrazia illiberale in cui formalmente si svolgono elezioni democratiche ma poi il potere viene esercitato negando diritti e libertà fondamentali.

Di tutto questo di sarebbe dovuto discutere. Invece, sono prevalsi gli interessi geopolitici degli USA e si è messo sul banco degli imputati la Cina, la Russia e la Turchia, chiamando ad una sorta di alleanza contro questi Paesi. Molti commentatori hanno scritto del rischio di un ritorno ad un clima di guerra fredda.

A mio parere, nessun sconto deve essere fatto ai regimi autoritari, ma i nemici interni della democrazia sono ancor più pericolosi.

Infatti, se le democrazie non sono inclusive e quindi sociali, capaci, come ha detto Papa Francesco, di garantire la partecipazione popolare e di avere cura prioritariamente dei più deboli, sarà molto difficile rilanciare nel mondo questa forma di governo che è nettamente preferibile a tutte le altre.

La libertà deve essere in equilibrio con l’eguaglianza, altrimenti, come è accaduto in questi decenni, le democrazie deperiscono, vanno in crisi a favore di nuove forme autoritarie.

Capirlo non è difficile mentre è più difficile intervenire nei fatti per risolvere questi problemi, soprattutto se si permette che il mercato e il capitale sovrastino sulla dignità della persona e sul lavoro.

Enrico Berlinguer nel 1977 a Mosca parlò in questo modo del valore universale della democrazia.

“L’esperienza compiuta ci ha portato alla conclusione, così come è avvenuto per altri partiti comunisti dell’Europa capitalistica, che la democrazia è oggi non soltanto il terreno sul quale l’avversario di classe è costretto a retrocedere, ma è anche il valore storicamente universale sul quale fondare un’originale società socialista. Ecco perché la nostra lotta unitaria – che cerca costantemente l’intesa con altre forze di ispirazione socialista e cristiana in Italia e in Europa occidentale – è rivolta a realizzare una società nuova, socialista che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, il carattere non ideologico dello stato, la possibilità dell’esistenza di diversi partiti, il pluralismo nella vita sociale, culturale e ideale”.

Universale significa che “comprende, riguarda e interessa tutta l’umanità”.

Berlinguer aveva capito che senza democrazia non può esserci socialismo.

Oggi, dopo decenni di economia liberista, è il capitalismo senza regole a minacciare la democrazia dall’interno e a porre la necessità assoluta di combattere le diseguaglianze e introdurre riforme sociali.

Un caro saluto,
Enrico

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Enrico Rossi
Enrico Rossi
Enrico Rossi è nato a Bientina il 25 agosto 1958. Laureato il filosofia a Pisa, è stato sindaco di Pontedera, assessore alla Sanità e presidente della Regione Toscana. Oggi è iscritto al PD e vicepresidente del gruppo socialista al Comitato delle Regioni.