Enrico Rossi
Enrico Rossi
No al riarmo e al mondo diviso in blocchi
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No al riarmo e al mondo diviso in blocchi

Sulla crisi ucraina è tempo di non stare in silenzio e di non essere acquiescenti verso le politiche USA, ma di mobilitarsi e lottare per la pace e contro la corsa al riarmo.
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Care amiche e cari amici,

oggi vorrei parlare della situazione europea internazionale che si è fatta drammatica, del dialogo tra Bersani e Letta e infine dello splendido discorso di Mattarella per il suo nuovo insediamento.

Ci sarebbero anche altri temi come la politica che è entrata in una fase di convulsioni dagli esiti non chiari, o come il Festival di Sanremo che ha avuto il merito di dare a tutti diritto di cittadinanza. Stasera sentiremo alla tv anche Papa Francesco.

Insomma c’è tanta materia su cui rifletteremo nei prossimi appuntamenti.

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(Foto di jugbo - Licenza CC BY-NC-ND 2.0)

Si ripropone con grande attualità il tema della pace e della guerra.

Non capirlo sarebbe, a mio avviso, misconoscere la realtà e rinunciare per quanto possibile a cercare di influenzarla.

L’intesa tra Russia e Cina contro gli Stati Uniti e la Nato è la risposta al tentativo americano di assediare le due superpotenze; la prima - la Cina - con il trattato Aukus (Australia, Stati Uniti e Gran Bretagna) per il controllo dell’Oceano Pacifico, e la seconda - la Russia - con la volontà di espandere la Nato spingendo per l’ingresso dell’Ucraina.

È un fatto enorme, di lunga durata, storico, che conferisce alla Cina un ruolo di grande potenza di dimensione mondiale come prima non aveva mai avuto. Così la politica estera aggressiva di Biden per difendere e allargare l’impero americano ottiene il risultato di spingere la Russia verso la Cina e unire i due imperi che si era prefissa di contenere e ridimensionare.

La Cina si assicura i rifornimenti di energia dalla Siberia e da oggi ogni atto ostile degli USA e della Nato verso Cina e Russia troverà le due superpotenze impegnate in una risposta comune.

È un risultato sciagurato della nuova politica estera dell’America che inasprirà ulteriormente il clima da guerra fredda che si stava già instaurando.

Peggio ancora è il fatto che la possibilità di uno scontro armato tra la Nato e la Russia è ormai apertamente e pubblicamente discusso, persino ritenuto probabile.

Francamente, era facile prevedere che la Russia non avrebbe mai rinunciato all’Ucraina e, dopo questo accordo con la Cina, ancor meno sarà disposta a vedersi accerchiata.

L’Europa diventa così il potenziale teatro di una guerra reale, “calda”, mentre i suoi interessi economici vengono calpestati e il suo ruolo ridotto a quello di provincia dell’impero, senza una propria politica estera e senza un proprio esercito di difesa.

Esercitazione dell’esercito ucraino nel 2018 (Elaborazione grafica)

Il tema della pace e della guerra si sta imponendo con tutta la sua drammaticità e non può essere eluso dalle forze politiche dell’Italia.

È tempo di non stare in silenzio e di non essere acquiescenti verso le politiche USA; ma di mobilitarsi e lottare per la pace e contro la corsa al riarmo.

Per ora, oltre a Papa Francesco, solo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso una posizione ferma ed autonoma.

Queste le parole del suo discorso di insediamento.

Da molti decenni i Paesi europei possono godere del dividendo di pace, concretizzato nell’integrazione europea e accresciuto dal venir meno della Guerra fredda. Non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro; in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale. Dobbiamo fare appello alle nostre risorse e a quelle dei paesi alleati e amici affinché le esibizioni di forza lascino il posto al reciproco intendersi, affinché nessun popolo debba temere l’aggressione da parte dei suoi vicini. I popoli dell’Unione Europea devono esser consapevoli che ad essi tocca un ruolo di sostegno ai processi di stabilizzazione e di pace nel martoriato panorama mediterraneo e medio-orientale. Non si può sfuggire alle sfide della storia e alle relative responsabilità.

Il parlamento italiano, che tanto ha applaudito Mattarella, si muova subito su questa linea e il PD la adotti e si impegni per organizzare una mobilitazione nel Paese e per cercare in Europa alleanze e rapporti con movimenti e forze politiche che vogliono battersi per la pace.

La situazione è davvero preoccupante.

La NATO infatti conferma che esiste un piano di Mosca per invadere l’Ucraina con un pretesto. Io, modestamente, aggiungo che la NATO è molto impegnata a fornire a Mosca un pretesto per l’invasione

Spero che l’Unione europea provi a fermare questo gioco pericoloso che finisce solo per danneggiare i suoi interessi e per mettere in discussione la pace nel continente.

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Enrico Letta e Pierluigi Bersani (Elaborazione grafica)

Con un intervento di Pierluigi Bersani su La Stampa si riapre il dibattito a sinistra.
Bersani si è dichiarato pronto a tornare nel PD.

Ma ha messo le seguenti condizioni:

  • una legge sulla rappresentanza sindacale e sul salario minimo;

  • una legge sulla parità salariale tra uomo e donna;

  • un intervento per ridurre i contratti di lavoro precari;

  • la previsione dell’obbligo di formazione in tutti i contratti di lavoro;

  • una riforma fiscale con aliquote progressive alla tedesca e una seria lotta all’evasione fiscale.

Non dovrebbe essere difficile per il PD accettare queste proposte e metterle nel suo programma. Sono le cose che anche io su queste pagine sostengo da tempo.

Se Bersani rientrasse e con lui tanti compagni queste idee sarebbero più forti e più sostenute nel partito.

Infatti, risposta di Letta a Bersani è stata positiva. Non con un’operazione tra i vertici politici ma solo con una discussione seria nel merito delle proposte - ha detto il segretario PD - può aprirsi la strada verso la costruzione della grande casa dei progressisti.

Infatti, ha continuato Letta, “ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, precariato, salario minimo, rappresentanza, sono temi del dibattito su cui si deve costruire il profilo del centrosinistra”.

Con questo ragionamento, mi pare davvero che il dialogo tra PD e tanti compagni potrebbe aprirsi e dare ottimi risultati. Molti a sinistra stanno infatti cercando una casa che li accolga. Non dare risposte a questa esigenza sarebbe un errore madornale.

Purtroppo non tutti la pensano come Letta.

A parte Franceschini, molti dirigenti nazionali hanno opposto obiezioni e hanno subito raffreddato le disponibilità e le aperture, mostrando di non saper guardare oltre le polemiche e gli interessi immediati.

Così ancora una volta tutto sembra essersi fermato. Peccato, perché più si aspetta peggio sarà.

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Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del messaggio di insediamento (Foto: Quirinale)

Passerà alla storia come il discorso della dignità.

Mattarella, ripetendo la parola dignità più volte, delinea un quadro di valori e un programma di cambiamento sociale a cui ispirarsi per l’impegno politico.

Un programma, ovviamente rivolto a tutti, ma fondamentale per una sinistra socialista e cristiana come deve essere il PD.

Eccolo:

La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo.

Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita.

Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare. Sono piuttosto un freno di ogni prospettiva di crescita.

Nostro compito – come prescrive la Costituzione – è rimuovere gli ostacoli.

Accanto alla dimensione sociale della dignità, c’è un suo significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società.

La dignità.

Dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ciascuno di noi. Perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore che attribuiamo alla vita.

Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro.

Quasi ogni giorno veniamo richiamati drammaticamente a questo primario dovere della nostra società.

Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni intollerabili, non soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza, fisica o verbale, ma alla coscienza di ciascuno di noi.

Dignità è impedire la violenza sulle donne, profonda, inaccettabile piaga che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell’educazione, dell’esempio.

La nostra dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti la dignità umana degli altri.

E’ anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani.

Dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale.

Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, privi di un ruolo che li coinvolga.

Dignità è contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone.

Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità.

Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza.

Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare, e capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita.

Dignità è un Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, dalla complicità di chi fa finta di non vedere.

Dignità è garantire e assicurare il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente.

La dignità, dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile.

Un caro saluto.
Enrico Rossi.

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Enrico Rossi
Enrico Rossi è nato a Bientina il 25 agosto 1958. Laureato il filosofia a Pisa, è stato sindaco di Pontedera, assessore alla Sanità e presidente della Regione Toscana. Oggi è iscritto al PD e vicepresidente del gruppo socialista al Comitato delle Regioni.
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