Contro la minaccia atomica. Per un immediato cessate-il-fuoco
Questa settimana parliamo di pace e guerra ma anche della crisi del PD, dei primi passi di Meloni e della morte del giovane rider fiorentino Sebastian Galassi.
Care amiche e cari amici,
il primo argomento di cui voglio parlarvi è senz'altro la pace e la guerra.
Ieri con Vannino Chiti abbiamo scritto la lettera-appello “Contro la minaccia atomica. Per un immediato cessate-il-fuoco”. Ecco il testo integrale:
Il mondo si trova nuovamente di fronte alla minaccia atomica. Una minaccia che giorno dopo giorno sembra farsi sempre più concreta e che porterebbe a un solo esito: la fine dell'umanità. La guerra – ogni guerra – produce solo morte e distruzione. Un conflitto combattuto anche con ordigni nucleari avrebbe conseguenze irreparabili per il futuro dell'umanità.
La pace è un bene troppo prezioso per restare indifferenti e passivi. Ognuno di noi ha oggi una grande responsabilità e deve impegnarsi in prima persona per sconfiggere la guerra. Occorre chiedere alle Nazioni Unite di determinare il cessate-il-fuoco e l'avvio di una conferenza internazionale di pace.
Noi – credenti, non credenti o diversamente credenti – assumiamo l’appello pronunciato da Papa Francesco il 2 ottobre:
Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni.[…] Il mio appello si rivolge innanzitutto al Presidente della Federazione Russa, supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte. D’altra parte, addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita, dirigo un altrettanto fiducioso appello al Presidente dell’Ucraina ad essere aperto a serie proposte di pace. A tutti i protagonisti della vita internazionale e ai responsabili politici delle Nazioni chiedo con insistenza di fare tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo. Dopo sette mesi di ostilità, si faccia ricorso a tutti gli strumenti diplomatici, anche quelli finora eventualmente non utilizzati, per far finire questa immane tragedia.
Le parole di Papa Francesco, che parla con il linguaggio della ragione e nell'interesse dell'umanità, siano alla base di una mobilitazione contro la guerra e contro la minaccia atomica.
Chiediamo a tutte e tutti di scendere in piazza e di aderire alle iniziative che saranno promosse nelle prossime settimane, a partire da quelle proposte dalla Rete italiana pace e disarmo dal 21 al 23 ottobre. Chiediamo di indire una grande manifestazione nazionale, senza bandiere di parte, a difesa della pace e del genere umano. Una mobilitazione per chiedere che anche il nostro Paese aderisca al Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) del 2017. Partecipiamo alle manifestazioni per la Pace e contro il rischio di una guerra atomica.
Ancora sulla pace e sulla guerra
L’avanzata delle truppe di Kiev non si ferma mentre Putin fa manovre con armi nucleari sul confine con l’Ucraina e non esclude di poterle usare. Zelensky rifiuta ogni forma di dialogo e per l’invio di altre armi ringrazia l’Italia, precisamente Meloni che dice di essere in piena sintonia con lui. C’è qualcuno che potrebbe escludere che un Putin in crisi sul terreno non possa decidere di usare le armi nucleari di teatro? O che un semplice errore possa innescare una reazione a catena?
L’impressione è che si stia danzando sulle soglia dell’inferno, dell’orrore che a noi finora è stato risparmiato. Per questo occorre reagire e chiedere con forza che si apra il negoziato e che l’Europa prenda subito l’iniziativa.
Dopo le parole di Papa Francesco, il presidente Mattarella, ad Assisi per le celebrazioni di San Francesco, ha usato parole, a mio avviso, nuove e toccanti a favore della pace e del dialogo.
Non ci arrendiamo alla logica di guerra, che consuma la ragione e la vita delle persone e spinge a intollerabili crescendo di morti e devastazioni. Che sta rendendo il mondo più povero e rischia di avviarlo verso la distruzione. E allora la richiesta di abbandonare la prepotenza che ha scatenato la guerra. E allora il dialogo. Per interrompere questa spirale.
Il card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, ha detto:
Il nostro Patrono, uomo universale, aiuti l'Europa a essere all'altezza della tradizione che l'ha creata e il mondo intero a non rassegnarsi di fronte alla guerra.
A mio avviso, senza mettere in nessun modo in discussione le nostre alleanze, la politica italiana e la sinistra in particolare dovrebbe esplicitamente impegnarsi a favore del cessate il fuoco e dell’apertura del dialogo.
Si deve riconoscere che Conte più volte ha chiesto che l’Italia e l’Europa si impegnino per fermare la guerra. Con un’intervista a Avvenire, il leader del M5stelle ha detto di essere pronto a mobilitarsi con tutti coloro che vogliono il negoziato.
Il PD, mi duole dirlo, mostra invece un silenzio imbarazzante. Eppure nella storia delle culture popolari - quella di sinistra comunista e socialista e quella cattolico democratica - che dovrebbero essere a fondamento del Partito Democratico, l’impegno per la pace è sempre stato al primo posto ed è stato espresso in prima persona con forza e autorevolezza da grandi uomini come Enrico Berlinguer e Aldo Moro.
Bersani avverte che “non si deve lasciare ai 5stelle la storia della sinistra”. È un monito che condivido. In particolare non si devono abbandonare i valori della pace e del dialogo. Spero davvero che dal segretario e dai dirigenti nazionali del PD si alzi presto una voce a favore della trattativa tra le parti in guerra e che si chiami alla mobilitazione tutto il partito.
La crisi del Partito Democratico
L’altro argomento che ha dominato la settimana è stato il dibattito interno al PD sui risultati elettorali e sulla crisi del partito.
Anche su questo argomento sono intervenuto insieme a Vannino Chiti con una lettera che abbiamo inviato al segretario Enrico Letta. Questo il testo integrale:
Caro segretario, dopo la sconfitta alle elezioni, causata anche dalle divisioni nel centrosinistra, si è aperta per il nostro paese una situazione delicata. All'aumento sproporzionato del costo dell'energia, che incide sulla vita degli italiani, alla pandemia non ancora scomparsa del tutto, alla crisi economica e alla guerra in Europa, si aggiunge da noi il ruolo nel governo del Paese di un partito che ha nel simbolo non il tricolore ma una fiamma che emana dalla tomba di Mussolini. È la prima volta che accade in Europa dalla caduta di fascismo e nazismo. Il PD ha grandi responsabilità nella ricostruzione di un campo progressista e nel realizzare una unità delle opposizioni al governo della destra. Quello che a nostro giudizio è necessario è la capacità del nostro partito di avviare un percorso capace di portarlo oltre sé stesso, realizzando compiutamente quella forza di sinistra plurale che ne aveva costituito la ragione della sua nascita e che purtroppo abbiamo smarrito e a volte rinnegato negli ultimi anni. Abbiamo apprezzato la tua proposta di svolgere una fase congressuale che sottoponendoci a una seria verifica critica si sviluppi attraverso una serie di fasi: discussione sull'identità del partito, sul programma, sulle alleanze. Qui una prima osservazione : se vogliamo aprire una fase costituente autentica occorre non solo invitare tutte le componenti di sinistra - partiti, associazioni civiche, persone - a partecipare, senza pregiudiziali, ma anche coinvolgerle pienamente nell'organizzazione di ognuna di queste fasi. Se questo venisse a mancare e ancora una volta peccassimo di velleità di autosufficienza, verrebbero meno le condizioni per un successo della costituente con ripercussioni serie sul nostro futuro. Altra considerazione : tu hai proposto che dopo queste fasi, si svolga il congresso per la elezione del segretario e dell'assemblea nazionale "a regole vigenti". Riteniamo che questa scelta sia un errore politico che può vanificare l'impegno delle fasi precedenti. Le "regole vigenti" sono parte integrante di quel modello di partito personale, che ai vari livelli vede il segretario di turno depositario esclusivo del potere politico e gli organismi dirigenti ridotti a staff. Sono proprio queste regole che hanno consentito prima, accentuato poi la degenerazione del PD, il suo venir meno come comunità politica, il suo diventare una confederazione di correnti, la sua non credibilità presso i ceti popolari e il mondo del lavoro. Siamo ormai avvertiti come partito dell'establishment. Assenti dal territorio, i nostri circoli sono abbandonati a sé, tranne che durante le primarie e il momento delle campagne elettorali. Ti chiediamo di sottoporre a discussione la forma partito, la formazione e selezione dei quadri dirigenti, le regole congressuali, così come hai indicato per l'identità del partito, il programma e le alleanze. Questa scelta inciderà non poco sulla partecipazione alla fase costituente e all'effettiva partecipazione ai suoi lavori delle formazioni e associazioni di sinistra. Ci auguriamo perciò che la tua risposta possa essere positiva e che la proposta che porterai all'approvazione della direzione sia coerente con l'ambizione di una rifondazione politica e culturale della sinistra.
Purtroppo il dibattito alla direzione nazionale non ha risposto alle esigenze che ponevamo con la lettera indirizzata al segretario.
Alla direzione del PD non sono mancati cenni autocritici interessanti da parte del segretario Letta:
“Parlare di Draghi sì o no ha messo in secondo piano il nostro programma che era molto innovativo su lavoro e clima”.
“Non siamo riusciti a essere il partito di chi non ce la fa, non mi faccio alcuno sconto”.
“Anche sulla rappresentanza delle donne in Parlamento abbiamo fallito”.
“Non rinnego le posizioni prese, ma dovevamo ripetere più spesso la parola pace, spingere perche l’Europa lavortasse in qeusta direzione. E non abbiamo prevenuto la crisi sociale che la guerra ha determinato, siamo arrivati tardi sulle paure”.
Le parole di Letta sono importanti, anche se insufficienti a determinare la svolta necessaria nella politica del partito.
Il tema di fondo è stato toccato da Orlando che ha parlato della necessità di una “valutazione dell’attuale fase di sviluppo capitalistico” e di un conflitto interno irrisolto tra un partito «neoliberale» e uno socialista. “Dobbiamo decidere da che parte stiamo nel conflitto sociale, altrimenti rischiamo di finire nella tenaglia tra un partito delle élite (Calenda) e uno social-populista (Conte)”.
La discussione è iniziata e le differenze tra chi vuole provare a fare un cambiamento della linea del partito e chi, dall’altra parte, difende nel complesso l’esistente sono emerse in modo chiaro.
Vedremo gli sviluppi di questa discussione e se essa sarà davvero in grado di arrivare a sciogliere i nodi della identità del PD.
Purtroppo, si deve registrare una mancanza di coraggio e di risposte sui temi che abbiamo posto, io e Vannino Chiti, con la lettera che abbiamo inviato al segretario.
Temi che ripropongo qui sotto.
Se vogliamo aprire una fase costituente autentica occorre non solo invitare tutte le componenti di sinistra - partiti, associazioni civiche, persone - a partecipare, senza pregiudiziali, ma anche coinvolgerle pienamente nell'organizzazione di ognuna di queste fasi. Se questo venisse a mancare e ancora una volta peccassimo di velleità di autosufficienza, verrebbero meno le condizioni per un successo della costituente con ripercussioni serie sul nostro futuro.
L’ elezione del segretario e dell'assemblea nazionale "a regole vigenti" è un errore politico che può vanificare la fase costituente. Le "regole vigenti" sono parte integrante di quel modello di partito personale, che ai vari livelli vede il segretario di turno depositario esclusivo del potere politico e gli organismi dirigenti ridotti a staff. Sono proprio queste regole che hanno consentito prima, accentuato poi la degenerazione del PD, il suo venir meno come comunità politica, il suo diventare una confederazione di correnti, la sua non credibilità presso i ceti popolari e il mondo del lavoro. Siamo ormai avvertiti come partito dell'establishment. Assenti dal territorio, i nostri circoli sono abbandonati a sé, tranne che durante le primarie e il momento delle campagne elettorali. Ti chiediamo di sottoporre a discussione la forma partito, la formazione e selezione dei quadri dirigenti, le regole congressuali.
La mancanza di una risposta su questi due nodi fondamentali toglie credibilità al processo di cambiamento del PD; un processo necessario che si deve mettere in atto per costruire nel Paese un soggetto politico che rappresenti una sinistra plurale e moderna con una visione critica dell’esistente e con un’organizzazione democratica forte, insediata sui territori e in grado di accettare e vincere la sfida che oggi ci propone la vittoria della destra estrema.
Perciò su questi temi si deve continuare a dare battaglia politica.
Meloni e l’Europa
Si è fatto poi un gran parlare delle intenzioni di Meloni sulla composizione del nuovo governo, sui contenuti no sui quali vorrà impegnarsi e non sono mancate le prime preoccupanti avvisaglie sul piano dei diritti civili e dei rapporti con l’Europa.
La situazione è difficile e ci sono ritardi nell’applicazione del PNRR di cui a noi verrà data la colpa.
Questa frase, pronunciata da Meloni, ha ovviamente irritato il presidente uscente Draghi che subito è corso ad assicurare che “tutto è nei tempi stabiliti, perché se no l’Europa non avrebbe dato i soldi”.
Probabilmente sono vere le entrambe affermazioni perché sono stati spesi 15 miliardi dei 29,4 previsti per il 2022, per varie ragioni, tra cui l’aumento dei prezzi, ma è anche vero che Draghi ha incassato il via libera dell’Europa ad altre due rate da 42 miliardi oltre al prefinanziamento da quasi 25.
Tuttavia lo scontro con Draghi è abbastanza significativo di quello che ci aspetta con il governo a guida Meloni su un tema decisivo come il PNRR e i rapporti con l’Europa.
Sentiremo molte chiacchiere sul da farsi, molti slogan e molta ideologia ma quando ci saranno da affrontare seriamente i problemi si preferirà fuggire e scaricare la colpa sugli altri.
C’è una doppiezza nel comportamento di Giorgia Meloni che oscilla tra il moderatismo necessario a legittimarsi e il riemergere di uno spirito aggressivo e populista come via di fuga di fronte alle responsabilità.
In Europa, dove la politica è un po’ meno quel teatrino a cui noi siamo abituati e un po’ di più assunzione di responsabilità e serietà, questa dissociazione non piacerà affatto.
Mi ha colpito che il leader della Democrazia Cristiana bavarese, Markus Söder, una potenza politica non propriamente di estrema sinistra, abbia chiesto al Partito Popolare Europeo di cui fa parte di non “considerare Forza Italia il partner giusto perché non è compito del Ppe e dei partiti borghesi di rendere possibili governi di destra nazionalista e di destra radicale. Non è questa la nostra missione".
L’Europa non sarà tenera con il governo italiano a guida Meloni, erede del fascismo e non certo esempio positivo in tema di diritti civili.
Tutto questo lo pagheranno molto caro gli italiani e a poco servirà, come fa Meloni, dare la colpa al governo precedente o, peggio ancora, alla burocrazia europea.
I nodi verranno presto al pettine e sarebbe opportuno che almeno su alcuni punti specifici il PD proponesse al M5stelle un patto per un’opposizione ferma e costruttiva nell’interesse del Paese.
Conte dovrebbe essere disponibile perché sul tema dell’Europa e della spesa dei fondi del PNRR, non dobbiamo dimenticarlo, fu proprio il suo governo a fare la svolta con l’Unione Europea.
La morte sul lavoro di Sebastian Galassi
Una tragedia ha colpito il mondo dei ciclofattorini e la città di Firenze con la morte sul lavoro in un incidente stradale del giovane Sebastian Galassi.
Al rider fiorentino, dopo il decesso, è arrivato dalla multinazionale Glovo un messaggio agghiacciante in cui lo si avvertiva del licenziamento e della disattivazione dell’account “per mancato rispetto di termini e condizioni”.
Proprio così, un messaggio spedito automaticamente sulla base dei calcoli di un algoritmo e che per i suoi cari ha avuto il significato di averlo ucciso una seconda volta.
La Procura ha aperto un’inchiesta soltanto per incidente stradale, perché nel nostro Paese c’è confusione e dibattito sull’applicazione delle normative. A quanto pare l’azienda al momento non è neppure chiamata in causa.
I sindacati chiedono una regolamentazione del settore che non spinga i fattorini a correre sempre di più per guadagnare pochi euro. Vogliono tutele e più sicurezza.
Ci sarebbe un esempio chiaro e positivo da seguire. Infatti, il governo socialista spagnolo ha approvato una legge che obbliga le società di consegne a domicilio- in conformità con quanto chiede l’Europa- a stipulare con i fattorini contratti da dipendenti e non più da lavoratori autonomi.
È evidente che in un rapporto di lavoro dipendente, flessibile quanto si vuole negli orari, non sarebbe difficile per i sindacati contrattare una paga oraria dignitosa corrispondente ad una umana quantità di lavoro oraria.
La Spagna ha inoltre multato la società Glovo per ben 79 milioni perché non aveva messo in regola i fattorini. La ministra del lavoro Yolanda Diaz è orgogliosa del suo lavoro, anche se ha dovuto lottare non poco per raggiungere il risultato.
In Italia esiste invece una legislazione che consente ancora ai fattorini di restare lavoratori autonomi.
A mio avviso, questo è il punto: dare ai fattorini la sicurezza di un lavoro salariato e un regolare contratto da lavoro subordinato oppure continuare a coltivare la stupida retorica del lavoro autonomo, dell’essere imprenditori di se stessi, dell’individuo giovane e libero che si ingegna, che corre sempre più veloce, che va anche contromano, che consegna quanto prima possibile per guadagnare qualcosa di più, che è sfruttato brutalmente da un algoritmo, che fatica e rischia finché può, fino al punto di lasciarci la vita.
Credo che dobbiamo scegliere anche in Italia a favore della soluzione che indica l’Europa, cioè considerare subordinato il lavoro che dipende dalle piattaforme digitali.
Poi c’è bisogno di una legge sulla rappresentanza sindacale che in Italia si aspetta da decenni.
Buona domenica,
Enrico
Buona domenica a Te, Enrico! Credo che, il fattore fondamentale sia quello del "cessate il fuoco"; e l'Europa - soprattutto - deve per questo obiettivo impegnarsi, senza "se" e "ma". Un'Europa unita non soltanto in apparenza, per (non utilizzo le virgolette di proposito) salvare il Mondo dalla possibile catastrofe nucleare e, comunque, innumerevoli persone da sofferenze indicibili... Sul resto concordo. Non sono, però, interessato alla crisi del PD...
per quanto riguarda la proposta "per un immediato cessate il fuoco" in Ucraina, sono d'accordo sulla costituzione di una conferenza internazionale per la pace ad ogni costo e su una grande manifestazione unitaria senza bandiere per imporre la pace nel mondo, in primis in Ucraina da organizzare per il 21-23 ottobre. Mi dispiace che Letta e la maggior parte dei dirigenti nazionali del PD insistano nel volere inviare armi e finanziamenti a Zelensky, per favorire la vittoria dell'esercito ucraino, che ha detto chiaramente che rifiuta ogni forma di dialogo con Putin sino a quando lui resterà al governo della Russia.
Sulla crisi del PD d'accordo perfettamente sulle tue due proposte, cioè che nella fase costituente del nuovo partito (da cambiare nome, magari tornando al PDS - ho sempre temuto che l'avere tolto la parola "sinistra" dall'iniziale "Partito Democratico" fosse una scelta di "destra liberista" di personaggi democristiani come Prodi, Renzi & C.) ci sia il coinvolgimento di tutte le compagne e compagni disposti a tornare a difendere gli interessi sociali e dei lavoratori. Per fare questo occorre (punto 2) che sia rimessa in discussione la forma partito, le regole congressuali locali e nazionali e i metodi di scelta e formazione dei quadri locali e nazionali del nuovo partito. Mi rendo conto che è un'operazione politica molto difficile, che avrà la contrarietà dei "baroni", ma se vogliamo contrastare veramente la destra economica e politica che ha preso il governo nazionale e molti governi regionali e locali, a mio parere di vecchio Comunista, è una scelta necessaria.