Voto a perdere
La sconfitta elettorale alle politiche del 25 settembre è legata anche alla sciagurata divisione tra PD e M5Stelle. Cosa accadrà in Lombardia e Lazio alle elezioni regionali?
Care amiche e cari amici,
tra poche settimane ci saranno le elezioni regionali.
In Lombardia, il feudo della destra, la vera sorpresa è che l’alleanza di centrosinistra (PD, Verdi-Sinistra, M5Stelle) è competitiva con la destra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia). Secondo i sondaggi Fontana (destra) otterrebbe il 43%, Majorino (centrosinistra) il 39% e Moratti (centro + Calenda e Renzi) il 17,3%.
Nel Lazio invece si preannuncia un disastro a sinistra e le elezioni diventano quasi un'inutile farsa che porterà la destra al trionfo. Un sondaggio infatti attribuisce alla destra con Rocca il 45% , al PD più Calenda con D'Amato il 36%, al M5Stelle con Bianchi il 15%. Praticamente non c’è partita e l’astensionismo sarà altissimo.
Ciò che stupisce è che nel congresso del PD il tema delle alleanze con il M5Stelle non venga affrontato in modo chiaro. In realtà, la sconfitta elettorale alle elezioni politiche del 25 settembre è legata anche alla sciagurata divisione tra PD e M5Stelle che ha consegnato alla destra estrema la vittoria schiacciante e il governo del Paese.
Capisco che nel PD ci siamo esponenti nazionali, soprattutto post-renziani, per i quali legittimamente la formazione politica liberal-democratica di Renzi e Calenda è un punto di riferimento politico ed ideale, ma è evidente che senza l’alleanza con i 5Stelle non c’è possibilità di competizione con la destra.
Dunque, bisognerebbe rovesciare il ragionamento che sembra dominare nel Partito Democratico e mettersi al lavoro, prima di tutto e dovunque, per alleanze con il M5Stelle. Questo non significa che il PD non debba avere una propria identità che, a mio avviso, deve essere di sinistra, socialista ed ecologista.
Se questo non avverrà, accadrà al PD non solo di perdere regolarmente le elezioni ma di ridursi sempre più come forza politica a favore dei 5Stelle da un lato e del partito di Renzi e Calenda dall’altro, stretto in una tenaglia.
Tutto questo è semplicemente ovvio. Vogliamo sciogliere questo “nodo”?
Vogliamo almeno parlarne nel Congresso?
In ogni caso, per la prima volta, il governo di destra sembra essere incorso in una criticità non banale. La verità sulle accise sulla benzina non è quella che ha raccontato Giorgia Meloni in TV.
La promessa di eliminare le accise sulla benzina era un pezzo forte del suo programma elettorale, a cui in precedenza la leader si era prodigata personalmente con video e con dichiarazioni di fuoco.
Inoltre, è falso sostenere, come fa la premier, che il governo ha dovuto rimettere le accise per finanziare misure a favore delle famiglie e dei salari; infatti, se Meloni non avesse fatto ben 12 condoni e ridotto le tasse ai redditi più alti e da capitale e si fosse impegnata nella lotta all’evasione, le risorse per tenere più basso il prezzo della benzina si sarebbero potute trovare senza troppi problemi.
Un premier che racconta bugie diventa rapidamente inaffidabile. Meloni non ha ancora chiara la differenza tra lo stare all’opposizione e avere responsabilità di governo.
Così, all’apparir del vero, la donna tutta di un pezzo, decisionista e instancabile diventa una leader insicura e inutilmente aggressiva che si presenta con un quadernino di appunti per difendere le sue mezze verità, attaccando i giornalisti perché osano criticarla.
Ma sia Meloni che questa maggioranza hanno per ora poco da temere finché l’opposizione è così divisa tra PD e M5stelle, e il PD non riesce ad andare oltre gli scontri interni e la paradossale discussione sulle regole congressuali.
Il governo per la prima volta sbanda, fa retromarcia e si contraddice, e promette che è pronto a correre ai ripari se ci saranno altri aumenti. La maggioranza si divide con Forza Italia e Lega da una parte e Fratelli d’Italia dall’altra.
Meloni viene attaccata dalla stampa e dai grandi giornali, fino a ieri benevoli nei suoi confronti, perché racconta sonore bugie in televisione.
La situazione sarebbe ottima per le opposizioni per capitalizzare un risultato politico importante ma l un’opposizione è divisa, distratta, occupata a parlare d’altro.
Il PD sembra avere altro a cui pensare e occupa le pagine dei giornali con un dibattito surreale sulle regole che, praticamente, non interessa nessuno, mostrando così una imbarazzante lontananza dai problemi dei cittadini.
Lasciamo parlare il suo segretario Enrico Letta.
“Col video nel quale Meloni mente sulla riduzione delle accise noi potevamo fare un goal a porta vuota ma non è accaduto perché stavamo discutendo di regole”. E ancora: “Evitiamo una cacofonia insopportabile, da domattina ci confrontiamo su questioni che interessano gli italiani”.
Speriamo davvero che l’appello di Letta imprima una svolta, anche se non si capisce perché, essendo segretario, non abbia fatto lui stesso ciò che ora auspica.
Tuttavia, anche il M5stelle, dopo una ferma opposizione alla legge di bilancio, da un po’ di tempo sembra più preoccupato di attaccare il PD per lucrare i sui voti che non impegnato a dare battaglia politica contro il governo.
La conferenza stampa di Conte e Bianchi, candidata alle elezioni del Lazio, è stata infatti molto incentrata sui rapporti con il PD e sulle critiche alla sua politica piuttosto che a lottare contro il governo di destra.
La divisione nel Lazio, per la quale è inutile oggi ricercare le responsabilità, prepara le opposizioni ad una nuova sconfitta alle regionali del prossimo mese.
Evidentemente, la batosta elettorale subita a causa delle divisioni nelle elezioni politiche del 25 settembre non ha ancora insegnato nulla a nessuno.
Così la destra, nel momento più difficile della sua maggioranza di governo, può dormire sonni tranquilli aspettando che passi la nottata senza troppi danni.
Infine, il grande evento della morte di Papa Ratzinger che ha sviluppato una grande discussione sul futuro della Chiesa.
La parte più reazionaria della Chiesa non ha aspettato che Ratzinger fosse sepolto per lanciare un pesante attacco contro Papa Francesco.
L’arcivescovo Timothy Broglio, capo della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, dice che per Papa Francesco “l’opzione dimissioni adesso è sul tavolo”.
Ancor più sorprendenti sono le esternazioni di Georg Gänswein sul dolore che Papa Francesco avrebbe provocato al Papa emerito, Ratzinger, per aver posto restrizioni alla messa in latino, e sullo shock che gli avrebbe causato l’averlo fatto sentire un “prefetto dimezzato”.
Padre Georg, se da un lato sembra voler promuovere il suo libro, dall’altro sembra aver dato inizio all’esplosione di un conflitto tra “conservatori” e “progressisti” che, finora, proprio l’esistenza di Ratzinger come Papa emerito e i rapporti di rispetto tra lui e Papa Francesco avevano impedito si manifestasse con tanto clamore.
Non sono un vaticanista, ma a me convincono le posizioni di Papa Francesco, il suo stare dalla parte dei poveri di tutto il mondo, il suo difendere le ragioni del lavoro, la sua ecologia integrale, il suo “pacifismo”, la sua naturale apertura verso la diversità e la sua grande umanità.
Spero che questa Chiesa nuova possa davvero affermarsi definitivamente.
È vero, non sono credente, ma in questo scontro sono partigiano: lunga vita a Papa Francesco.
Un caro saluto,
Enrico
Analisi perfetta. Sono assolutamente d'accorso...
Io ho votato M5S ma se ci sarà alleanza con il PD non vado a votare: fate pure gli intrallazzi che volete ma la base del M5S non vuole questa alleanza.