David Sassoli, un politico perbene
Era di sinistra: si è battuto per una società più giusta e inclusiva, a favore dei più deboli e vulnerabili. È una perdita dolorosa.
Cari amiche e cari amici,
questa settimana vorrei iniziare parlando della morte di David Sassoli, del dolore per la scomparsa di un politico perbene e di valore, ma vorrei sottolineare anche le sue idee coraggiose, da riformatore vero, da uomo politico allo stesso tempo sognatore e concreto.
Il secondo tema di questa newsletter è discorso di Papa Francesco sul lavoro in occasione dell'udienza generale dedicata a San Giuseppe falegname. Mi ha colpito profondamente per le parole usate, l’analisi acuta e realistica della condizione dei lavoratori e delle persone più deboli dentro questa società dominata dall’ingiustizia e dal dominio della logica del profitto.
A mio avviso c’è molto da imparare dal cristianesimo predicato da Papa Francesco se davvero vogliamo costruire una società più giusta e ridare nuova linfa e slancio agli ideali del socialismo democratico.
Infine, la destra nostrana che non perde l’occasione per mostrare la propria idiosincrasia verso la Costituzione Italiana. Gli ultimi due episodi riguardano il tema dell’immigrazione e della candidatura di Berlusconi al Quirinale.
È morto David Sassoli. Un politico perbene.
Un uomo mite e allo stesso tempo determinato; ha amato l’Europa e si è impegnato con tutte le sue forze per portarla più vicino ai cittadini.
Era di sinistra: si è battuto per una società più giusta e inclusiva, a favore dei più deboli e vulnerabili.
È una perdita dolorosa.
David Sassoli ha pronunciato un discorso bellissimo per gli auguri di Natale e di buon anno. Merita davvero di leggerlo e ascoltarlo e di riflettere.
Ecco alcuni brani:
“In questo anno abbiamo ascoltato il silenzio del pianeta e abbiamo avuto paura ma abbiamo reagito e costruito una nuova solidarietà, perché nessuno è al sicuro da solo”... “Abbiamo visto nuovi muri e i nostri confini in alcuni casi sono diventati i confini tra morale e immorale, tra umanità e disumanità. Muri eretti contro persone che chiedono riparo dal freddo, dalla fame, dalla guerra, dalla povertà”... “abbiamo lottato accanto a chi chiede più democrazia, più libertà, accanto alle donne che chiedono diritti e tutele. A chi chiede di proteggere il proprio pensiero”... “Accanto a coloro che continuano a chiedere un’informazione libera e indipendente”... “Abbiamo finalmente realizzato, dopo anni di crudele rigorismo, che la disuguaglianza non è né tollerabile né accettabile, che vivere nella precarietà non è umano, che la povertà è una realtà che non va nascosta ma che dev’essere combattuta e sconfitta. Il dovere delle istituzioni europee di proteggere i più deboli e non di chiedere altri sacrifici aggiungendo dolore al dolore”... “Oggi l’Europa con il Piano di recupero ci dà grandi opportunità di abbandonare l’indifferenza – sottolineava ancora – è la nostra sfida, quella di un mondo nuovo, che rispetta le persone, la natura, e crede in una nuova economia basata non solo sul profitto di pochi ma sul benessere di tutti”. Il presidente del Parlamento europeo concludeva: “Per questo voglio dirvi buone feste, buon anno, buon Natale. Il periodo del Natale è il periodo della nascita della speranza. E la speranza siamo noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri confini, quando combattiamo contro tutte le ingiustizie. Auguri a noi, auguri alla nostra speranza”.
Il suo discorso lo trovate anche qui:
David è stato un sognatore concreto, un politico di grandi visioni, di principi e valori.
Ma ha fatto anche proposte concrete e coraggiose per cambiare l’Europa e la vita dei suoi cittadini.
Tra queste la più recente e la più riformatrice è stata la cancellazione del debito pubblico per le spese Covid, in modo da dire addio per sempre alla politica di austerità.
Questo aspetto viene oggi poco ricordato.
Rileggiamo alcuni passaggi della bellissima intervista a Repubblica del novembre 2020 (Sassoli: "L'Europa deve cancellare i debiti per il Covid").
«Abbiamo bisogno che tutti gli Stati membri s’impegnino in riforme fiscali coordinate a livello europeo, in modo da sviluppare politiche redistributive. Molti combattono con la povertà, ma altri hanno guadagnato dalla crisi. Il contributo dei privilegiati è importante per ridurre le diseguaglianze».
A chi si riferisce?
«Ai giganti della Rete e ad alcune grandi catene di distribuzione».
Pensa a Web Tax nazionali anziché a quella europea allo studio di Bruxelles?
«No, la Web Tax servirà a far pagare alle aziende digitali le tasse per i profitti che generano in Europa e sarà a livello Ue perché dovrà garantire le risorse per una parte del Recovery. Mi riferisco alla necessità di mettere fine ai privilegi dei quali le grandi industrie godono in alcuni paesi dell’Unione, come i tax ruling».
Nei giorni scorsi la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha parlato della necessità di rendere permanente il Recovery Fund: condivide questa idea?
«Dobbiamo prendere sul serio il richiamo della presidente Lagarde e rendere definitivo l’indebitamento comune».
In che modo?
«È necessario rendere permanenti le emissioni di debito comune e creare un Tesoro a livello europeo. Abbiamo avuto un grande successo con i bond di Sure e avremo un grande successo con quelli del Recovery. È un modello da rendere definitivo. Con bond europei potremmo impegnare la Bce nel finanziamento della transizione ecologica, che è anche uno strumento della ripresa. Si tratta di un tema decisivo che potrebbe consolidare davvero l’Unione».
Pensa sia anche necessario e possibile cancellare i debiti contratti dai governi per rispondere al Covid?
«È un’ipotesi di lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della sostenibilità del debito. Nella riforma del patto di stabilità dovremo concentrarci sull’evoluzione a medio termine di deficit e spesa pubblica in condizioni di crisi e non solo ossessivamente sul debito».
[...]
Pensa a una riforma dei trattati?
«Per cambiare il governo dell’Europa bisogna mettere mano ai Trattati».
Per fare cosa?
«Innanzitutto per eliminare il diritto di veto in capo ai singoli governi, uno strumento anacronistico in quanto al giorno d’oggi servono decisioni rapide, anche a beneficio dei cittadini e degli stessi governi. Servono nuovi trasferimenti di competenze, ovvero di poteri, dagli Stati nazionali all’Unione».
Non le sembrano proposte velleitarie?
«Poco tempo fa mi dicevano la stessa cosa rispetto alla tassa sulle transazioni finanziarie, che invece faremo partire al più tardi dal 2026. L’Europa è la risposta ai nostri problemi. Oggi, ad esempio, l’Unione ha un portafoglio con 6 vaccini per almeno 200 milioni di dosi ciascuno. Sono stati comprati dalla Commissione su mandato del Parlamento a basso costo perché se acquisti tali quantità sei forte sul mercato. Nessuno Stato europeo avrebbe potuto farlo da solo. Questo dimostra che serve un’Unione sanitaria. E lo stesso vale per i bond, per i migranti e per tanti altri ambiti».
Francesco e la centralità del lavoro
La sinistra in cerca di identità può ispirarsi a tanta elaborazione della Chiesa di Papa Francesco che parla della centralità del lavoro nella vita umana e nella costruzione dell’essenza della persona e che usa parole forti, denunciando che il lavoro è ostaggio dell’ingiustizia sociale e affermando che occorre riscattarlo dal dominio della logica del profitto.
Parole che la sinistra oggi usa poco, per timore o per subordinazione ai ceti dominanti, togliendo così speranza e voglia di lottare alle masse diseredate.
Per questo io penso che la prospettiva di una società più giusta, l’idea nobile di un socialismo democratico, può trovare alimento e spinta nella predicazione cristiana che viene da Francesco.
Vi propongo la lettura integrale del discorso all’Udienza Generale del 12 gennaio 2022 (Catechesi su San Giuseppe falegname).
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Gli evangelisti Matteo e Marco definiscono Giuseppe “falegname” o “carpentiere”. Abbiamo ascoltato poco fa che la gente di Nazaret, sentendo Gesù parlare, si chiedeva: «Non è costui il figlio del falegname?» (13,55; cfr Mc 6,3). Gesù praticò il mestiere del padre.
Il termine greco tekton, usato per indicare il lavoro di Giuseppe, è stato tradotto in vari modi. I Padri latini della Chiesa lo hanno reso con “falegname”. Ma teniamo presente che nella Palestina dei tempi di Gesù il legno serviva, oltre che a fabbricare aratri e mobili vari, anche a costruire case, che avevano serramenti di legno e tetti a terrazza fatti di travi connesse tra loro con rami e terra.
Pertanto, “falegname” o “carpentiere” era una qualifica generica, che indicava sia gli artigiani del legno sia gli operai impegnati in attività legate all’edilizia. Un mestiere piuttosto duro, dovendo lavorare materiale pesante, come il legno, la pietra e il ferro. Dal punto di vista economico non assicurava grandi guadagni, come si deduce dal fatto che Maria e Giuseppe, quando presentarono Gesù nel Tempio, offrirono solo una coppia di tortore o di colombi (cfr Lc 2,24), come prescriveva la Legge per i poveri (cfr Lv 12,8).
Dunque, Gesù adolescente ha imparato dal padre questo mestiere. Perciò, quando da adulto cominciò a predicare, i suoi compaesani stupiti si chiedevano: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?» (Mt 13,54), ed erano scandalizzati di lui (cfr v. 57), perché era il figlio del falegname ma parlava come un dottore della legge, e si scandalizzavano di questo.
Questo dato biografico di Giuseppe e di Gesù mi fa pensare a tutti i lavoratori del mondo, in modo particolare a quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche; a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; alle vittime del lavoro - abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono state parecchie -; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare... Mi permetto di ripetere questo che ho detto: i lavoratori nascosti, i lavoratori che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche: pensiamo a loro. A coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero, a coloro che danno lo stipendio di contrabbando, di nascosto, senza la pensione, senza niente. E se non lavori, tu, non hai alcuna sicurezza. Il lavoro in nero oggi c’è, e tanto. Pensiamo alle vittime del lavoro, degli incidenti sul lavoro; ai bambini che sono costretti a lavorare: questo è terribile! I bambini nell’età del gioco devono giocare, invece sono costretti a lavorare come persone adulte. Pensiamo a quei bambini, poveretti, che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare. Tutti questi sono fratelli e sorelle nostri, che si guadagnano la vita così, con lavori che non riconoscono la loro dignità! Pensiamo a questo. E questo succede oggi, nel mondo, questo oggi succede! Ma penso anche a chi è senza lavoro: quanta gente va a bussare alle porte delle fabbriche, delle imprese: “Ma, c’è qualcosa da fare?” – “No, non c’è, non c’è …”. La mancanza di lavoro! E penso anche a quanti si sentono feriti nella loro dignità perché non trovano questo lavoro. Tornano a casa: “Hai trovato qualcosa?” – “No, niente … sono passato dalla Caritas e porto il pane”. Quello che ti dà dignità non è portare il pane a casa. Tu puoi prenderlo dalla Caritas: no, questo non ti dà dignità. Quello che ti dà dignità è guadagnare il pane, e se noi non diamo alla nostra gente, ai nostri uomini e alle nostre donne, la capacità di guadagnare il pane, questa è un’ingiustizia sociale in quel posto, in quella nazione, in quel continente. I governanti devono dare a tutti la possibilità di guadagnare il pane, perché questo guadagno dà loro la dignità. Il lavoro è un’unzione di dignità, e questo è importante. Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente, vivono alla giornata. E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e desiderio di vita. In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro – lo sappiamo – e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. Vorrei oggi ricordare ognuno di loro e le loro famiglie. Facciamo un istante di silenzio ricordando quegli uomini, quelle donne disperati perché non trovano lavoro.
Non si tiene abbastanza conto del fatto che il lavoro è una componente essenziale nella vita umana, e anche nel cammino di santificazione. Lavorare non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo. Purtroppo però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale. Tante volte mi domando: con che spirito noi facciamo il nostro lavoro quotidiano? Come affrontiamo la fatica? Vediamo la nostra attività legata solo al nostro destino oppure anche al destino degli altri? Infatti, il lavoro è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale. Il lavoro è anche un modo per esprimere la nostra creatività: ognuno fa il lavoro a suo modo, con il proprio stile; lo stesso lavoro ma con stile diverso.
È bello pensare che Gesù stesso abbia lavorato e che abbia appreso quest’arte proprio da San Giuseppe. Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità.
La destra italiana non ama la Costituzione
Se si leggono bene le posizioni politiche e le dichiarazioni della destra alla luce della Costituzione italiana non si può non avvertire nei suoi leader una idiosincrasia verso la Costituzione di suoi valori.
E’ quanto emerge a proposito del bonus bebè ai figli di immigrati.
Alcuni giornali della destra fanno finta di scandalizzarsi per la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la norma che escludeva dal bonus bebè gli immigrati residenti che svolgono un’attività lavorativa e che sono ammessi in Italia per un soggiorno di durata superiore a sei mesi.
È l’ennesima dimostrazione che la destra italiana non ama la Costituzione Italiana.
Per la Corte, discriminare gli immigrati viola il principio di uguaglianza ed è in contrasto con gli articoli 3 e 31 della Costituzione.
Ripassiamoli: non può farci che bene.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.Art. 31
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Ma anche la candidatura di Berlusconi, a vedere bene, contrasta con lo stesso spirito costituzionale, con le caratteristiche e il ruolo che la carta assegna alla più alta carica dello Stato.
Il Capo dello Stato deve avere dignità e onore.
La candidatura del pregiudicato Berlusconi è irricevibile e incommentabile.
Mai un presidente sarebbe più divisivo di lui, mai un presidente sarebbe così poco autorevole, data anche la sua condanna per frode fiscale.
È uno scandalo politico che Salvini e Meloni non si oppongano in modo determinato.
La verità è che tutta la destra, in un modo o nell’altro, deve molto a Berlusconi e nessuno può dirgli apertamente di no.
In Inghilterra Boris Johnson dovrà dare le dimissioni per avere partecipato a un banchetto a Downing street, e la regina Elisabetta toglie al figlio Andrea i titoli nobiliari perché rinviato a processo per abusi sessuali.
Da noi un pregiudicato, a causa di questa destra priva di rigore politico, potrebbe diventare Capo dello Stato.
Ancora una volta questa destra si appresta a tradire lo spirito della Costituzione che recita all’art 54:
[…] I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
E ancora all’art 87:
“Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale” […].
Non sembra che Berlusconi risponda pienamente a questi requisiti costituzionali.
Un caro Saluto e buona settimana,
Enrico