Bene il Mattarella-bis. Ma la crisi della politica e della sinistra richiede risposte forti
Questa settimana torniamo sull'elezione del presidente della Repubblica ma anche sul Giorno della Memoria e sugli studenti che hanno manifestato dopo la morte sul lavoro di Lorenzo Parelli
Care amiche e cari amici,
la settimana politica, come d’altra parte le ultime ormai da mesi, è stata segnata dalla discussione per l’elezione del presidente della Repubblica.
Giustamente è stato rieletto Mattarella, ma in tanti cittadini la vicenda ha lasciato un'impressione amara di disgusto persino di fronte allo spettacolo di un parlamento in cui dominano i conflitti, i veti, le tensioni e i gruppi in guerra tra loro.
Alcuni, parafrasando il grande Luigi Pintor hanno detto che ormai siamo tutti democristiani. E in effetti la grande assente è stata proprio la sinistra, appena difesa dal ruolo, comunque marginale, svolto da Bersani, però incapace di esprimere un proprio candidato, fosse anche un moderato come Veltroni.
Il punto peggiore, a mio avviso, lo si è raggiunto quando strumentalizzando il tema delle donne si è proposto Elisabetta Belloni.
Sarebbe stato come candidare Fouchè a la République.
C’erano tre novità inedite. Una positiva e due negative: per la prima volta avremmo avuto una donna presidente; ma per la prima volta avremmo avuto, insieme alla Russia di Putin, il capo dei servizi segreti alla massima carica dello Stato; e per la prima volta avremmo avuto due tecnici alla guida del Paese.
Ancora peggio sarebbe potuto accadere con l'elezione di Casellati, la presidente del Senato, candidata voluta da Salvini. La stessa che in 11 mesi ha usato 124 volte l’aereo di Stato.
Letta ha fatto una dichiarazione durissima contro la Lega e per avvertire anche il M5S: “Votare Casellati al Quirinale farebbe saltare tutto".
Benissimo, ma se risultasse vero che, quando Salvini era ministro dell’interno, lei si è fatta ristrutturare l’appartamento a spese delle Stato, allora dovremmo subito chiedere le dimissioni.
Alla fine è emersa una soluzione di stabilità, la migliore nella situazione data, che ottiene l’effetto di mantenere un politico nella massima carica istituzionale, e allo stesso tempo di rafforzare Draghi fino alle elezioni.
Eppure, come avverte Letta, il sistema politico è bloccato, collassato, incapace di esprimere soluzioni adeguate, se per governare deve ricorrere ai tecnici e al bis del presidente (ormai per la seconda volta).
Il divario tra politica e cittadinanza si approfondisce sempre di più e genera spinte pericolose che riducono la partecipazione, spostando il potere dal parlamento al governo e da questo al capo dello Stato.
I partiti sono deboli, il sistema maggioritario non tiene da tempo e le coalizioni, anche dalla vicenda di queste elezioni, escono distrutte.
“A volere che una repubblica o una setta viva lungamente, è necessario ritirarla spesso verso il suo principio” scrive Machiavelli.
A mio avviso, è alla Costituzione che dovremmo tornare: fare una legge sui partiti, e impegnarsi a ricostruirli, in modo di attrarre i migliori e più preparati e onesti cittadini alla politica, costruendo meccanismi di partecipazione vera dei militanti e dei cittadini e prevedendo un sistema di funzionamento pubblico e trasparente.
Abbiamo bisogno di una nuova legge elettorale proporzionale che eviti mostruosità insopportabili come quelle di dover votare anche chi è lontano dal nostro modo di pensare e dai nostri interessi; e insieme a questa legge di una soglia di sbarramento ragionevole per il parlamento con un meccanismo di sfiducia costruttiva simile a quello che esiste in Germania.
Forse l’unica riforma costituzionale che dovrebbe essere fatta é quella ispirata dallo stesso Mattarella: la durata del mandato presidenziale è di sette anni e non oltre.
Altrimenti scivoleremo verso il presidenzialismo e l’elezione diretta del capo dello Stato.
Soluzione che per buoni motivi non piaceva ai padri costituenti e anche a me non sembra auspicabile.
Resta, si fa per dire, il tema della sinistra, delle sue scelte politiche di rappresentanza economica e sociale di visione della società e del futuro.
Anche per la sinistra vale il consiglio di Machiavelli, cioè di rigenerarsi tornando ai suoi principi, ai suoi ideali fondativi di giustizia e di eguaglianza.
L'elezione di Mattarella al Quirinale e la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi offrono alle forze politiche l’occasione per discutere e lavorare sia alla rigenerazione delle istituzioni e del funzionamento della democrazia sia della sinistra che di essa è parte essenziale.
Sono interrogativi che si pone Luciano Canfora nel libro recente “La democrazia dei signori”, Laterza.
“Come è potuto accadere che il potere legislativo passasse di fatto nelle mani dell’esecutivo riducendo le funzioni delle assemblee elettive a meri compiti di ratifica? E soprattutto: un assetto politico resta ‘democratico’ anche quando il ‘demo’ se n’è andato? O si trasforma in una democrazia dei signori? Da oltre trent’anni l’Italia vede attuarsi periodicamente soluzioni ‘irregolari’ delle crisi politiche. Ciampi, Monti, Draghi. Da tempo i presidenti della Repubblica si regolano come se fosse in vigore da noi la Costituzione della Quinta Repubblica francese, o forse pensano che sia ritornato lo Statuto Albertino: convocano ‘qualcuno’ che metta le cose a posto. Non possiamo non chiederci se, tra le cause immediate di questa deriva, non ci sia il disinvolto e reiterato ricorso alla cosiddetta ‘unità nazionale’ e al conseguente assembramento di formazioni politiche ritenute antitetiche ma destinate a perdere, nel corso di tali esperienze, larga parte dei loro connotati. È probabile che tutto questo si sia verificato sotto la pressione incalzante di costringenti strutture extranazionali in grado di imprimere una accelerazione. Ma il problema ineludibile che abbiamo di fronte è: a quale prezzo e con quale riassetto del nostro ruolo internazionale si sia prodotta una tale mutazione, e se essa sia irreversibile”.
Torneremo nelle prossime settimane a discutere di questo libro.
Questa è stata anche la settimana del Giorno della Memoria.
A Campiglia Marittima, Livorno, un ragazzino ebreo di 12 anni è stato aggredito, a sputi e calci e insulti da due ragazzine quindicenni.
Questo è avvenuto nella settimana in cui tutti stiamo ripetendo che “non deve accadere, mai più”.
In realtà, accade ancora sotto i nostri occhi; e se la Shoah resta un evento unico, cos’è allora il fatto che ai nostri confini ci siano ragazzi e ragazze che vengono lasciati morire, annegati o assiderati per il freddo, quando potremmo con poco salvargli la vita?
Il razzismo, il nazismo, nel significato profondo che è quello dell’annullamento del valore della vita degli altri, è ben presente oggi ed è anzi in una fase di crescita piuttosto che di regresso, persino di sfacciata rivendicazione ideologica.
Se non ritroveremo una forte coerenza tra i valori della vita, della libertà e del rispetto degli altri con comportamenti concreti, politici ma anche individuali, se non saremo conseguenti al sentirci parte della fratellanza umana, i casi di Livorno si moltiplicheranno tra i ragazzi e i nostri discorsi e le celebrazioni suoneranno retoriche e contribuiranno esse stesse a dare forza alla bestia immonda.
Sempre in tema di educazione della gioventù mi hanno colpito le manganellate della polizia ai nostri ragazzi!
Gli studenti hanno scioperato per la morte sul lavoro di Lorenzo il loro compagno schiacciato da una trave in una fabbrica metalmeccanica del Friuli. Protestavano perché non vogliono morire né sentirsi nell’insicurezza quando fanno alternanza scuola-lavoro.
A Torino venti ragazzi sono stati feriti dalla polizia. Anche a Roma, sempre per una manifestazione per Lorenzo, la polizia giorni fa aveva pestato gli studenti.
Spero che qualcuno tra i parlamentari voglia chiedere a chi di dovere perché i poliziotti menano così spesso le mani con i nostri ragazzi.
Un caro saluto,
Enrico